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Arco di Giano


Un recente restauro dell'Arco cosiddetto di Giano rende quanto mai di attualità tutta l'area del Velabro, una zona dove sono presenti testimonianze di tutte le età di Roma antica ,dall'età del ferro al XII secolo e l'arco quadrifonte posto alle pendici occidentali del Palatino dopo le recenti scoperte che lo individuano come celebrativo della grandezza di Costantino, si pone come l'anello di congiunzione tra la Roma pagana e la Roma cristiana.
Nell’architettura romana l’arco quadrifonte è l’elemento che simboleggia il passaggio, il transito non solo dal dentro al fuori, ma anche il contrario divenendo punto di scambio e tale era l’Arco di Giano posto a segnare il confine tra la città dei romani e la piazza dei mercanti con il suo porto fluviale. Il suo nome non rimanda ad una dedicazione a Giano ma è stato confuso il termine ”ianus” che significa porta, con il nome del Dio di ogni transito.
Il sito dove è stato costruito si trova nel punto di incontro della strada che scendeva dal Foro Romano, il Vicus Tuscus con la strada che proveniva da Porta Capena fiancheggiando il Circo Massimo e dove, sotto terra, passa la Cloaca Massima.
Le ragioni della sua costruzione sono celebrative degli imperatori del Tardo Impero, nei Cataloghi Regionari viene indicato come Arcus Divi Costantini in Regio XI, quindi come voluto da Costantino mentre un’altra ipotesi lo ritiene costruito in onore di Costanzo II per la visita che fece nel 357 d.C.; in ogni caso è il monumento romano più recente del Foro Boario.
A risolvere la questione sono arrivati i risultati del restauro recentemente concluso che hanno reso nuovamente visibile un'iscrizione di cui rimangono però solo tre lettere

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che sembrerebbero confermare l'ipotesi, già avanzata nel 1870, da Jordan che aveva potuto vedere addirittura una scritta incisa in greco in una delle facciate interne dei piloni che riportava il nome di Costantino. Non si può escludere poi l'altra ipotesi di attribuzione sostenuta da Coarelli e Torelli in riferimento ai frammenti di iscrizione murati nella vicina chiesa di San Giorgio al Velabro e visibili prima dell'attentato del 1993 in cui furono danneggiati sia il portico che parte dell'interno; secondo gli studiosi si tratterebbe di una dedicatoria ad un imperatore che avrebbe scacciato un usurpatore che essi identificano in Magnenzio e quindi l'imperatore sarebbe Costanzo II, tuttavia potrebbe anche essere ammissibile il riferimento a Massenzio come usurpatore e quindi l'imperatore sarebbe Costantino. D'altra parte anche l'apparato decorativo residuo sulle chiavi di volta è nello stesso stile delle figure dell'Arco di Costantino vicino al Colosseo.
L’arco è un tetrapylon, ovvero un arco con quattro arcate, l’edificio ha pianta quadrata con il lato di m. 12 per un’altezza di 16 m.; la tecnica costruttiva utilizzata ne conferma la costruzione, secondo gli studiosi, nella prima parte del IV sec. d.C. infatti, per l’alleggerimento della volta a crociera sono stati utilizzati materiali fittili (terracotte) mentre il rivestimento di marmo fu fatto con materiali di spolio di altri monumenti come si vede chiaramente dalla intaccature ai margini delle lastre provocate durante le operazioni di distacco dalle sedi originarie.
Sull’esterno, i piloni hanno due file di tre nicchie su ogni lato (12 su ogni pilone)corredate di una mensola ed una semicupola a forma di conchiglia, le nicchie ospitavano delle statue. Oggi sull’arco rimangono sono visibili quattro figure femminili sulle chiavi di volta: due di queste sono state identificate come la Dea Roma e la Dea Minerva, mentre le altre due dovrebbero rappresentare Cerere e Giunone ma le condizioni di conservazione rendono impossibile esserne certi ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.1 - 18/05/2017)