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Tempio di Giano


Nulla è rimasto del Tempio di Giano di cui abbiamo solo un rappresentazione sul retro di una moneta di Nerone. Si trovava poco distante dal Foro, lungo l’Argileto, il vicus che passando tra la Curia e la Basilica Emilia collegava alla Suburra.
Era dedicato al Dio bifronte che presiedeva ad ogni inizio ed ogni fine, una divinità arcaica romana di cui non si hanno riscontri tra le divinità greche. Anche il suo nome non si è ancora chiarito da cosa derivi anche se sembra connesso a termini che indicano un movimento, attraversamento.
Nelle loro preghiere era il dio che i romani citavano per primo, a confermare quella che era la sua prerogativa era anche chiamato Ianus Pater e deou deorum, epiteti comunque legati all’età arcaica.

Secondo la leggenda il primo tempio dedicato a Ianus Geminus fu voluto dal re Numa Pompilio; aveva un architettura semplice, non era un vero tempio ma un passaggio coperto ad arco, chiuso da porte sui due lati: così è rappresentato su monete coniate da Nerone nel 66. Dentro c'era la statua del dio bifronte. Queste porte restavano chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra, per permettere al dio di accorrere in aiuto dei soldati romani.
Non ci sono molte descrizioni di come doveva essere fatto, e sembra che sia stato distrutto e poi ricostruito nella piazza del Foro Transitorio da Domiziano, quando restaurò la Curia nel 94; comunque, secondo Servio il commentatore di Virgilio, il restauro di Domiziano comportò un cambiamento della struttura del tempio che venne trasformato proprio nel passaggio coperto di cui si è già detto e che potrebbe essere stato simile all’Arco di Giano che ancora oggi si trova nell’area del Velabro. A riprova di questi sviluppo dei fatti è la testimonianza di Festo secondo il quale proprio nel Tempio di Giano fu tenuto il Senatoconsulto del 477 a.C. quando la gens Fabia chiese di poter affrontare da sola i Veienti; se il Senato decise di riunirsi nel Tempio di Giano significa che questo era abbastanza grande da contenere 300 persone. Dopo la cristianizzazione dell'impero i templi degli dei pagani furono chiusi o demoliti, l'usanza della apertura/chiusura delle porte venne abbandonata e lo Ianus Geminus chiuso.
Ma, secondo quanto racconta Procopio nella Guerra Gotica (I, 25), la tradizione era così radicata che decenni dopo, durante l'assedio della città da parte dei Goti (537), alcuni cittadini cercarono di riaprire le porte, per permettere al dio di andare in soccorso dei romani in pericolo, ma senza riuscirci.

L’apertura della porte del tempio di Giano all’inizio di ogni guerra era un rito connesso con l’evocazione del furor belli; aprire le porte del tempio equivaleva a scatenare forze profonde, sovrannaturali che così diventavano tutt’uno con i guerrieri, aprire le porte del tempio significa porre i guerrieri nello status spirituale di iniziazione eroica.
Lo spirito stesso della guerra era tenuto all’interno del tempio; Virgilio racconta nell’Eneide:

"dirae ferro et compagibus artis claudentur Belli portae;
Furor impius intus saeva sedens super arma"


"con duri chiavistelli di ferro saranno chiuse le porte della Guerra;
l’empio Furore all’interno, seduto sulle armi crudeli ..." ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 16/02/2016)




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