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Le oblate di S. Sisto Vecchio


Nel IV secolo Papa Anastasio I riconobbe come luogo di devozione e culto il titulus Crescentinae che si era costituito dopo la donazione, di una non meglio identificata Crescentina, di alcuni ambienti del precedente Balneum Mamertinus. La riprova di questo si trova nel Liber Pontificalis dove, nel racconto della vita di Anastasio I ( 399-401), si legge Fecit autem et basilicam, quae dicitur Crescentiana, in regione II, via Mamurtini in Urbe Roma. L'indicazione topografica consente di risalire senza alcun dubbio al Vicus Mamertinus dove si apriva il Balneum Mamertini proprietà di Marco Petronio Mamertino prefetto del pretorio dal139 al 143; in questo sito si trova oggi la basilica di S. Sisto e dove sotto si rinvenne una precedente basilica che è sicuramente la Basilica Crescentiana.
La Basilica cambiò nome nel corso del VI secolo quando già vi erano state trasportate dalle vicine Catacombe di Callisto che si trovavano fuori le mura, le spoglie di alcuni dei primi papi e di altri martiri per evitare che fossero oltraggiate durante le incursioni dei barbari; vi erano più famose fra tutte le spoglie di S. Sisto che divenne così il santo a cui il titulus fu dedicato.
Vicino alla chiesa fu costruito per volere di Innocenzo III un monastero che doveva essere universale coenobiumsottoposto a rigida clausura di tutte le comunità religiose femminili di Roma. Nel 1216 San Domenico di Guzman ebbe l'incarico da Papa Onorio III di fondare il primo ordine di clausura ed allora le monache che vivevano nella vicina Santa Maria In Tempulo furono costrette a trasferirsi nel monastero vicino alla Chiesa di S. Sisto sebbene non fosse ancora terminato; le monache portarono con loro anche l'immagine acheropita (non dipinta da mani umane) della Vergine che proveniva da Costantinopoli. A questo gruppo di monache di unirono poi una parte di quelle che vivevano a Santa Bibiana.
La scelta di Domenico di Guzman , un predicatore, come fondatore di un ordine femminile di clausura ha la sua ragione nell'esperienza che lo stesso aveva fatto in Francia quando si trovò alla guida della comunità monastica femminile di Prouille dove erano state riunite le donne che fino al 1207 si occupavano dell'evangelizzazione nelle terre dove prosperava l'eresia catara, che con il suo rigore facilmente poteva attrarre e rispetto alla quale le monazh di clausura rappresentavano un esempio alternativo di vita casta nella fede.
Le monache romane affidate a Domenico furono un esempio di grande spiritualità che il Papa poteva mostrare; queste monache erano sottoposte ad una stretta clausura, non avevano contatti con il mondo esterno e la loro esistenza era assicurata da quanti vivevano “alle porte del monastero” al loro servizio e da un grande patrimonio, ed era proprio l'entità del patrimonio che condizionava l'accettazione delle fedeli che volevano vivere in clausura. Queste monache non facevano il voto di povertà e quando venivano accettate nella comunità il loro patrimonio o l'eredità andava a confluire nel patrimonio del monastero.
Per questo motivo le oblate di Sisto Vecchio appartenevano alle famiglie più facoltose dell'aristocrazia romana come confermano i nomi che sono registrati nell'Archivio del monastero: Margarita de Palumbara, Maria de Carbonis, Iohanna Sancti Alberti, Margarita Consolini, Thomassa de Fusco, Constantia Malabrance, Margarita e Cecilia de Iudice, ... . Leggendo i nomi delle monache negli archivi del monastero i cognomi che ricorrono con freuenza sono quelli delle famiglie più importanti: Palombara, Colonna, Orsini, Pierleoni, Boccamazzi, Arcioni, Annibaldi, Conti, Malabranca, Iudice, Pandolfini, di Sant'Eustachio. La loro ammissione dipendeva dalla decisione della priora ma poteva anche accadere che il papa intervenisse per far accettare una novizia e se la badessa non accettava colpiva la monaca con accusa di disubbidienza e, in caso di perdurare del rifiuto, veniva imposta l'ammissione della giovane pena l'interdizione e la scomunica ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 18/04/2017)




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