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Horti Lamiani

Horti Lamiani

In età augustea la gens Aelia Lamia fece costruire sull'Esquilino uno delle più grandi ville dell'antichità, nell'area dove in età arcaica sorgeva il Pagus Montanus, dove si trovava il lucus (bosco) con il santuario di Libitina, la divinità che presiedeva i riti tributati ai morti che ancora dall'età monarchica venivano sepolti proprio sull'Esquilino. L'area era anche conosciuta come Esquiliae, denominazione che in età arcaica era della valle fra le due cime del Colle Oppio e del Cispio e dove passava il traffico verso la valle dell'Anio (Aniene) e la città di Tibur (Tivoli) e poi passata a designare il vasto pianoro che va dalla cima del Cispio sino alla sella del Coeliolo.
Era un'area che si trovava fuori delle mura e proprio questa dovrebbe essere il significato etimologico del nome : ex colere, ovvero abitare fuori.
L'orografia dell'Esquilino nel I secolo era caratterizzata da ripidi dislivelli tra pianori e vallette, inoltre poiché si trovava all'esterno delle mura e del Pomerio era una zona dove si trovavano i cimiteri, che però, già nel III secolo, Tito Livio descrive come una zona ricca anche di giardini e di edifici modesti. Nel I secolo a.C. Iniziò il fiorire sull'Esquilino degli horti: Mecenate, l'amico di Ottaviano capì subito che la zona, sebbene ancora in età repubblicana destinata alle sepolture, aveva i requisiti per essere uno dei siti più belli dell'Urbe ed inizio così un'opera di bonifica che è stata descritta da Horatio.
Il poeta nelle Satire racconta come i lavori di bonifica comportarono l'eliminazione del cimitero pubblico che si trovava addossato alle mura e la cui area era stata acquistata da Mecenate ad un prezzo vantaggioso in cambio del quale dovette farsi carico dei lavori di bonifica. Nello stesso periodo un'altra area fu acquistata da Lucio Elio Lamia, frequentatore del circolo di Mecenate ed amico di Orazio che sarà console nel 3 d.C. sotto Augusto e poi con Tiberio proconsole d'Africa ed infine Praefectus Urbis nel 32 d.C.
Ambedue le proprietà furono acquisite da Mecenate e da Lamia solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione del Senato perché si trattava di ager publicus; la spiegazione di una decisione di questo tipo si può collegare con la volontà di Ottaviano di compensare degli amici fedeli ma anche di voler migliorare le condizioni malsane della zona appena fuori le Mura.
Nella stessa area sorgeva l'antico tempio della Fortuna Publica e proprio confinanti con le sue mura ebbe prima ancora i suoi horti Cesare ma sempre su concessione de Senaro.
Quando Lucio Elio Lamia morì seguendo la consuetudine iniziata da Mecenate, lasciò gli horti all'imperatore Tiberio, così la proprietà entrò nel demanio imperiale ed in quella villa molti furono gli imperatori che amarono soggiornare ad iniziare da Caligola.
Le poche notizie sugli horti Lamiani si devono a Filone d'Alessandria che a capo di una legazione ebraica nel 38 d.C non riuscì a farsi ascoltare da Caligola che appena iniziata l'udienza decise di fare un sopralluogo negli horti di Mecenate e di Lamia e si fece seguire dalla legazione ebraica. Filone racconta che Caligola visitò ... il quartiere degli uomini e quello delle donne, il piano terra ed i piani superiori criticando lo stato di alcune strutture da restaurare, facendo piani e dando ordini perché le altre diventassero ancora più splendide ... si precipitò in una stanza, ne fece il giro e diede l'ordine che tutte le finestre fossero fornite, anziché di vetro, di pietre colorate che lasciassero passare la luce ma tenessero fuori il vento ed il calore del sole.
Per Caligola gli horti Lamiani si rivelarono un sito tragico, qui venne portato il suo corpo ormai privo di vita dal suo amico Erode Agrippa appena fu notte dopo l'attentato di Cherea; non si sa se venne arso ma sicuramente gli fu data una sepoltura veloce per evitare che il popolo potesse impadronirsi del corpo e lo facesse a brandelli ed una leggenda vuole che il suo spirito inquieto vagasse per quei giardini. Dopo alcuni giorni Caligola venne disseppellito e gli fu data sepoltura in un luogo che ancora oggi resta misterioso. Con Nerone gran pare degli horti Lamiani divennero tutt'uno con la Domus Aurea e quando i Flavi la cancellarono restituendo i terreni al popolo di Roma ma a chi passarono queste proprietà non si sa mancando documentazioni certe. Solo alla fine del secondo secolo si sa che gli horti Lamiani erano divenuti proprietà privata dell'imperatore Settimio Severo ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 11/05/2019)