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Stampatori di Palazzo Pirro

Stampatori di Palazzo Pirro

Il trascorrere del tempo ha dimostrato che la trasmissione della cultura di un popolo non avviene solo attraverso, se così si può dire, la formalizzazione del pensiero ovvero la scrittura ma anche delle tecniche che consentono di fissarlo e renderlo fruibile per il presente e per il futuro.
Forse fu questa la riflessione del principe Massimo quando nel 1467 decise di concedere l’uso del pianterreno di Palazzo Pirro a due stampatori tedeschi, Arnold Sweynheym e Corrado Pannartz, allievi di Gutenberg per avviare l’attività della prima stamperia di Roma.
Questi stampatori erano dei giovani chierici tedeschi che si erano trasferiti nel monastero di Subiaco dalla originaria Magonza o forse da lì erano scappati perché in quell'anno la città era stata conquistata da Adolfo II. Per Magonza furono giorni terribili ed anche Gutenberg dovette andare in esilio; le tipografie vennero chiuse e compositori e tipografi per sopravvivere cercarono riparo in altre città e fu così che proprio da Magonza si diffuse nel mondo la stampa moderna.
I due stampatori arrivarono a Subiaco nel 1463 o 1464, meta che scelsero per la presenza di altri monaci tedeschi ma anche perché il monastero era uno scriptorium e vi si trovavano moltissimi libri; il primo libro stampato a Subiaco è il Donato pro puerilis una grammatica di Elio Donato stampato in trecento copie ad oggi purtroppo tutte disperse.
I monaci di Magonza stamparono altre opere e l'ultima che stamparono durante il loro soggiorno nel monastero benedettino fu il De Civitate Dei di Sant'Agostino, quest'ultima connessa anche ad un pregevole “lavoro” filologico e nella quale vi era anche una grande innovazione nella veste tipografica: il libro di Sant'Agostino venne stampato a due colonne di scrittura per pagina.
Questa non fu la loro unica innovazione. Gli stampatori tedeschi da parte loro quando arrivarono in Italia abbandonarono la forma di scrittura gotica usata in Germania e chiamata textura per passare a caratteri differenti.
Arnold Sweynheym e Corrado Pannartz impiegarono caratteri nuovi derivati dalla scrittura degli umanisti italiani che utilizzavano la carolina che ritenevano originata dalla romana littera antiqua, un carattere tondo che si può considerare l'archetipo del moderno carattere romano.
Nel breve tempo che rimasero a Subiaco stamparono anche il De Divinis Istitutionibus di Lattanzio ed il De Oratore di Cicerone. Nel 1467 furono convinti a trasferirsi a Roma dove al piano terreno del cosiddetto Palazzo di Pirro così chiamato perché scavando nel cortile interno fu trovata una statua a lungo creduta di Pirro il re dell'Epiro sconfitto dai Romani nel 275 a.C mentre in realtà si trattava di una statua di Marte ora ai Musei Capitolini. Il nobile Pietro Massimo diede in uso dei locali per l'attività di stampa ed i libri che furono stampati portavano la dicitura in domo Petri de Maximis .
Da amante della cultura quale era, il cardinale capì subito le potenzialità della stampa e non esitò ad affidare a Arnold Sweynheym e Corrado Pannartz la stampa della sua traduzione della In calumniatorem Platonis, meglio conosciuta come Defensio Platonis, nell'agosto del 1469, a questa seguirono la trasposizione a stampa di alcuni incunaboli ed anche delle Epistoles et Orationes dello stesso Cardinale. Bessarione morì nel novembre del 1472, erano passati cinque anni dall'introduzione della stampa in Italia di cui fu uno dei primi a goderne, infatti aveva già donato i suoi incunaboli più preziosi, tra cui alcune opere di Cicerone, alla Biblioteca Marciana di Venezia e per non privarsi del tutto dei suoi amati libri, di alcuni di questi si era fatto fare una copia a stampa da Sweynheym e Pannartz.
Dell'attività dei due stampatori sappiamo che nel 1469 oltre la Defensio Platonis stamparono anche le Noctes Acticae di Gellio ed i Commentarii di Cesare.
La vita dell'azienda dei due chierici stampatori fu molto travagliata perché pur potendo contare sul sostegno del Principe Massimo che mise a disposizione i locali, i capitali richiesti era notevoli per finanziare i lavori preparatori delle edizioni e poi l'acquisto dei materiali e spesso il loro protettore, il vescovo Andrea Bussi, si doveva rivolgere al papa per ottenere i denari necessari all'attività.
Rimasero a Roma fino al 1473 e realizzarono una decina di edizioni all'anno ed oltre i classici già citati stamparono anche opere di Tito Livio, Strabone ed anche Apuleio. Mentre a Magonza la prima Bibbia Latina era stata stampata nel 1455, a Roma fu stampata solo nel 1471; vennero stampati prima i classici romani che non il testo sacro della chiesa cristiana perché si riteneva che quelli avevano alti contenuti educativi e che comunque non potevano infirmare le verità contenute nei testi religiosi.
Nel 1472 Arnold Sweynheym e Corrado Pannartz stamparono ben 12.475 volumi, una produzione che è assolutamente prodigiosa per l'epoca. Tuttavia non furono fortunati. Arrivarono a rivolgere una supplica al Papa per essere aiutati, lamentavano di avere una casa piena di libri ma nulla da mangiare.
Resistettero per altri due anni ma nel 1474 i due sciolsero la società; Pannartz tenne per sé la tipografia e Sweynheym messosi in proprio iniziò nel 1474 a lavorare come incisore all'edizione romana della Cosmografia Tolomeo realizzando 27 carte geografiche . Morì nel 1478 a pochi mesi dalla pubblicazione del lavoro che fu completato dal suo collaboratore Buchkinck.
Quando i due tipografi tedeschi lavorarono a Palazzo Pirro trasmisero le loro conoscenze a moltissimi lavoranti che aprirono le loro stamperie principalmente attorno a Piazza Navona.





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 22/01/2019)