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San Pietro in Vincoli

San Pietro in Vincoli

Nel V sec. d.C. alle Carinae, nei pressi delle Terme di Tito, l’imperatrice Eudossia, moglie di Valentiniano III, fece costruire una delle prime chiese di Roma che da lei prese il nome di titulus Eudoxiae e che poi fu chiamata S. Pietro ad Vincula perché nella chiesa sono conservate le reliquie delle “catene” con cui fu imprigionato S. Pietro.
La basilica è una delle prime chiese di Roma; esistente già all’inizio del V sec. a.C. era stata costruita sul Fagutale, una delle tre cime del Colle Esquilino, e chiamata anche Basilica Apostolorum per l’iscrizione sulla facciata.
Il titulus apostolorum , è accertato, venne realizzato con i regia vota di Teodosio e Eudocia adempiuti dalla figlia Eudossia durante il pontificato di Celestino I (422-432); gli studiosi ritengono che le motivazioni di ringraziamento siano per la salvezza dal naufragio come per la chiesa di San Giovanni Evengelista a Ravenna.
La leggenda racconta che la madre di Eudossia, Eudocia era stata a Gerusalemme e ne aveva riportato le catene con cui era stato imprigionato l’Apostolo Pietro in quella città e le aveva divise mandandone una parte proprio ad Eudossia, moglie di Valentiniano III, che viveva a Roma. Eudossia volle donare alla chiesa di Roma queste catene, quando il Papa le pose vicino alle altre catene con cui Pietro era stato imprigionato a Roma prima della sua morte prodigiosamente i due pezzi di saldarono formando una sola catena di trentotto anelli.
La scelta del luogo potrebbe essere collegata ad un tempio di età repubblicana dedicato a Tellus ed al vicino Secretarium Telluris ed al Porticus Tellurensis , ovvero edifici che in età tardo-imperiale erano connessi alla Praefectura Urbis , la sede del Praefectus il cui compito era mantenere l'ordine pubblico in nome dell'imperatore. Era il Praefectus Urbis che aveva la facoltà di arrestare i cristiani secondo una decisione presa dal senato al tempo di Massimiano (304 d.C.), era quindi il praefectus che aveva il potere di infliggere la pena capitale a quei cristiani che non avessero fatto sacrifici agli dei pagani.
Sulla base di questa funzionalità preesistente nell'area, la tradizione cristiana avrebbe creato una connessione con la prigionia di Pietro rappresentata dalle catene, e deciso l'istituzione di un titulus ad vincula come espressione della forza della nuova religione capace di sostituirsi a quelle del potere passato. Risale al tempo di Sisto III (432-440) anche l'iscrizione sulla facciata:

Haec Petri Paulique simul nunc nomine signo Xystus apostolicae sedis honore fruens

da cui derivò alla chiesa anche la denominazione di titulus Apostulorum, ma altri nomi che le furono dati sono titulum Apostolorum qui appellatur Eudoxiae ad vincula al tempo di Adriano I, ecclesia Apostolorum ad Vincula al tempo di Gregorio IV e già nel Catalogo Salisburgese delle chiese di Roma era chiamata basilica quae appellatur vincula Petri, nome che divenne il più usato dopo l'anno mille (Huelsen).
La chiesa arcaica corrisponde alla cripta dove, secondo la leggenda, fu per un periodo imprigionato San Pietro e sopra la quale Papa Sisto III tra il 432 e 440 fece costruire la chiesa paleocristiana; il sito era delimitato a nord dal tracciato di un'antica semita cho oggi corrisponde a Via delle Sette Sale ed in realtà corrisponde ad una domus che aveva anche un piccolo ambiente termale. La chiesa aveva tre navate divise da 24 colonne di stile dorico realizzate in marmo greco che sorreggevano le arcate di sostegno dei muri in mattoni su cui poggiavano le capriate del tetto ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 24/09/2018)