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Mosaici labirintici delle domus di Roma

Mosaici labirintici delle domus di Roma

Il labirinto per antonomasia è quello che nel mito era abitato dal Minotauro: il labirinto di Cnosso. L'etimologia fornisce qualche indicazione; scontata l'adozione latina della parola greca labýrinthos, con cui si indicava proprio la costruzione che si trovava nell'isola di Creta, l'origine sembra di età arcaica derivando dal lidio labrys che significa bipenne. Il labrys è l'ascia a due lame simbolo del potere del re di Cnosso.
Il simbolismo dell'ascia bipenne è forse il più potente dell'età arcaica ed anche se le interpretazioni sono state molte, tutte rimandano all'idea dell'energia dinamica che dal centro si espande verso la periferia, dal centro che rappresenta l'unicum dipartono i dualismi della conoscenza secondo percorsi che conducono la civiltà dal coacervo iniziale a rappresentazioni del mondo via via diverse e l'uomo dal suo io interiore alle relazioni con gli altri. Da questa idea che rappresenta il modo dell'uomo di rapportarsi con il suo mondo e con gli altri uomini, nasce il labirinto.
Una interpretazione diversa e distante da quella degli storici che, sulla base delle fonti letterarie, definiscono il labirinto come un complesso di opere murarie o come un edificio dalla pianta complicata con una sola possibilità di accesso al vano centrale.
Quale sia l'interpretazione del labirinto non può comunque prescindere dalle testimonianze archeologiche e così sono i labirinti di età ellenistica realizzati nelle domus che possono fornire indicazione e spiegazioni.
Tutti questi mosaici discendono da quello di Cnosso e possono essere di forma quadrata o circolare ed in entrambi il disegno in genere è diviso in quattro parti rispetto alle quale è in evidenza lo spazio centrale spesso occupato da una scena mitica per lo più di Teseo che lotta con il Minotauro; i tre elementi: il perimetro, la divisione in quattro parti ed il centro rappresentano un microcosmo assimilabile ad una città. Se il perimetro, circolare o quadrangolare, è rappresentazione delle mura delle città, la divisione in quattro parti rimanda alla divisione nelle quattro categorie cosmiche-aritmetiche con cui l'uomo antico concepiva l'universo. Un'inferenza del mondo mitico nell'interpretazione del mondo fisico in cui l'uomo viveva e rappresentazione della città che è la prima unità del mondo sociale.
I labirinti di età ellenistico-romana sono in prevalenza quadrangolari, fatto questo che secondo gli storici avrebbe un significato che rimanda alla città, secondo una concezione che arriva proprio dal mondo minoico, concepita ad immagine e somiglianza dell'universo.
Tuttavia in età arcaica ci furono anche labirinti di forma circolare che corrispondeva ad un diverso concetto di origine medio-orientale che rimandava alla corrispondenza tra il cosmo e la città ed aveva i suoi esempi in vere città come ad Ebla dove nella cinta muraria di forma circolare era racchiusa la città divisa in quattro circoscrizioni ed, al centro, aveva la sua acropoli ed il Palazzo reale.
Anche nella Roma Quadrata di Romolo si può riconoscere un collegamento con la città quadripartita anche se poi racchiusa in un'ideale cinta circolare come testimonia un bassorilievo sul Portico d'Ottavia, una rappresentazione di età augustea della Roma primitiva raccontata da Plutarco( Romulus, 11) e da Varrone e che corrispondeva alla città ideale di Platone o alla città circolare a raggiera di un celebre passo degli Uccelli di Aristofane. La forma circolare era un ulteriore simbolismo, ma sia che fossero circolari o quadrati i labirinti hanno tutti la particolarità di essere univiarii , ovvero avere un unico percorso che conduce inevitabilmente al suo centro.
I labirinti delle domus sono comunque tutti emanazione dei labirinti antichi e Plinio nella sua Naturalis Historia riporta i quattro labirinti conosciuti dell'antichità: quello di Cnosso a Creta, quello di Lemno in Grecia, quello di Meride in Egitto e quello di Porsenna in Italia.
Il Labirinto di Cnosso è stato identificato con il grande Palazzo riscoperto nel 1900, invece il Labirinto di Lemno realizzato nell'isola omonima non è stato ancora trovato e dobbiamo accontentarci della scarna descrizione di Plinio che lo indica come simile a quello di Cnosso e con 150 colonne; recentemente uno studioso ritiene di averlo individuato nella Stele di Efestia.
Del labirinto egizio di Meride hanno scritto Erodoto, Strabone, Diodoro e Plinio e quando l'archeologo Flinders Petrie nel 1888 trovò la piramide di Amenenhat III che aveva due piani di cui uno sotterraneo con dodici cortili, ritenne di trovarsi davanti al Labirinto descritto da Erodoto:

Vi sono dodici cortili coperti, che hanno porte opposte tra loro e sono: sei rivolti verso nord e sei verso sud, contigui. Lo stesso muro li chiude tutt’intorno dall’esterno. Vi sono stanze in doppio ordine. Quelle a livello del suolo che ho visitato, attraversato e quelle sottosuolo, 3000 in numero, 1500 per ciascun ordine.

Secondo gli archeologi, il Labirinto di Meride era parte integrante del Tempio funerario di Amenemhet III (1842 a.C.-1797 a.C.) ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 13/05/2020)