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Educazione dei giovani

Educazione dei giovani

I figli dell'aristocrazia romana erano affidati alle cure della madre dalla nascita ai primi anni dell'infanzia ma già a sette anni venivano affidati ad un litterator che nelle famiglie più ricche viveva nella casa stessa del puer ed era chiamato pedagogo.
Le famiglie meno ricche che non potevano permettersi il servizio esclusivo di un pedagogo, si rivolgevano ad una schola, un istituto in cui il pedagogo aveva più allievi; il pedagogo era quasi sempre un liberto che teneva le lezioni presso la sua casa, oppure prendeva in affitto una Taberna che diveniva il luogo delle lezioni.
A Roma vi sono indizi ben visibili di questa consuetudine in alcuni edifici come nella Basilica Argentaria dove doveva esserci la schola tenuta da un certo Caecilius Eros i cui discepoli hanno lasciato sui muri dei graffiti che riportano versi dell'Eneide. Queste scuole erano per i figli dei ricchi mercanti o dei tabernator, comunque cittadini con un buon tenore di vita ma non sufficientemente ricchi da poter mantenere un grammatico in casa. Nell'adolescenza gli insegnamenti riguardavano anche altre discipline come il greco, la filosofia e soprattutto l'oratoria che era fondamentale per un giovane aristocratico che sperava di arrivare ad essere accolto tra i senatori, onore a cui poteva spirare solo dopo aver esercitato l'avvocatura nelle basiliche per potersi costruire il proprio seguito di clientes.
Non era necessario aver ottenuto alcun riconoscimento specifico per poter insegnare, ma ciò che richiedevano i genitori al maestro è che educasse il giovane alla calma, alla saggezza ed al ragionamento logico e per ottenere questo fine egli aveva piena autorità sui discepoli a cui poteva anche infliggere pene corporali per stimolarne la voglia di studiare. La consuetudine incontrava l'ostilità dei giovani e di questo ha lasciato testimonianza anche Marziale in uno dei suoi Epigramma (IX, 68)

Quid tibi nobiscum est, ludi scelerate magister,
Invisum pueris virginibusque caput?
Nondum cristati rupere silentia galli:
Murmure iam saevo verberibusque tonas.


Cos'hai a che fare con me, insensato maestro,
omuncolo inviso a bambini e fanciulle?
I crestati galli ancor non hanno rotto il silenzio
e di già tu sussurri feroce e fai risonar le bacchettate

Non tutti i maestri applicavano comunque metodi educativi cosi ferrei, Quintiliano un docente di retorica del I secolo d.C. che propugnava un modello educativo contrapposto a quello tradizionale decsritto da Catone il Censore nell'opera scritta proprio per educare suo figlio, Praecepta ad filium.
Nella Roma Repubblicana era il pater familias ad avere un ruolo centrale nell'educazione dei figli, era lui che doveva trasmettere il mos maiorum ed i valori della virtus del cives; era dalla famiglia che i giovani mutuavano i valori su cui era fondata la stabilità dello stato. Le conquiste territoriali e l'apertura verso la cultura ellenistica “travolsero” l'impianto etico della società romana ed anche i principi educativi cambiarono.
Quintiliano vive due secoli dopo Catone, quando la responsabilità dell'educazione non è più della familia , eppure riconosce l'importanza dei praecepta paterna ovvero i principi morali ed altre regole di condotta sociale e politica che spettava al padre trasmettere ai figli negli anni dell'infanzia.
Anche alla madre spettano responsabilità educative nei confronti dei figli e soprattutto doveva insegnare ai bambini a parlare il latino corretto; se non avessero imparato a parlare in maniera adeguata la loro capacità oratoria sarebbe stata pregiudicata e così la loro carriera politica ed il successo sociale. Un esempio su tutti fu quello fornito da Cornelia, madre dei Gracchi, che educò personalmente i figli non solo alla grammatica ma anche all'eloquenza ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 09/10/2018)