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Via delle Convertite


Nella Roma del XVI-XVII secolo il numero delle prostitute era ben superiore a quello delle monache, era una città dove la popolazione maschile corrispondeva al 60% del totale, per lo più ecclesiastici, mercanti, diplomatici ma anche una numerosa e multicolore folla di artisti ed artigiani, ma anche servi, a disposizione della Curia e di quanti vi erano coinvolti. Questa città di uomini attraeva le donne dalle altre città della penisola per esercitare una professione molto richiesta, il meretricio. Esistevano oltre 2000 case in cui avvenivano gli incontri dell'amore venale e si calcola che oltre il 20% della popolazione femminile avrebbe vissuto di commercio amoroso, ovvero il 10% della popolazione di Roma.
La Curia romana aveva un atteggiamento ambivalente verso le prostitute: da una parte condannava la loro immoralità perché invitavano i fedeli al peccati e perché violavano la sacralità di Roma ma da un'altra la legge proteggeva le “cortigiane” dagli abusi degli esattori che potevano rischiare la galera ma anche la vita. Nella Roma rinascimentale, infatti, vi erano varie tipi di prostitute ma se le cortigiane oneste, che ricevevano nelle loro case e pagavano le tasse, erano “apprezzate” anche dalla Curia così non si poteva dire di quelle che i loro clienti dovevano incontrarli lungo le strade. Erano talmente tante ed imperversano nelle strade di passaggio che il papa per cercare di porre un freno alla situazione decise di confinarle in una zona che fu chiamata l’Ortaccio e che si trovava tra Via di Ripetta, il Tevere e la chiesa di San Girolamo degli Schiavoni, la Via degli Schiavoni e la piazza dell'Ortaccio, ovvero la zona di Monte d'Oro adiacenti all'attuale Via Tomacelli.
Questo Ortaccio era un vero e proprio Ghetto, in quanto aveva un muro con due porte, le quali venivano chiuse ad ore fisse. Il papa decretò, inoltre, che durante la Quaresima nessuno potesse entrare nell'Ortaccio, ma la proibizione non ottenne i risultati sperati poiché se l'uomo non poteva entrare, poteva uscire la donna e non poche meretrici approfittarono di ciò per fuggire. L'Ortaccio ebbe breve durata perché ai primi del XVIII secolo si parla di meretrici costrette ad abitare e svolgere il loro mestiere fuori la Porta del Popolo ed in località anche più lontane.
Ma qualcun altro pensò che per arginare il problema si poteva anche tentare di recuperare queste donne, meretrici per miseria più che per vizio; furono così create delle case e monasteri per rinchiudervi le prostitute pentite. L'idea non era poi così nuova perché già dal Medioevo esistevano ricoveri e monasteri dedicati a Maria di Magdala la donna pentita per eccellenza che, come raccontato nei Vangeli, conosciuta la verità della fede aveva abbandonato la vita lussuriosa si era ritirata nella preghiera. Lei era l'esempio da seguire della donna peccatrice che decideva di cambiare vita, di convertirsi.
Proprio perché la nuova vita doveva svolgersi nel ritiro, il riscatto delle meretrici fu inizialmente una delle missioni dell'ordine degli eremiti di S. Agostino che affiancavano la magistratura cittadina nella lotta per riconquistare anime e corpi femminili al Paradiso. Nacquero così i conservatori, le case pie ed i monasteri organizzati secondo la regola agostiniana ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 22/04/2017)