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Il boia di Roma

Il boia più famoso della storia della Roma papalina è certamente Mastro Titta che dal 1796 al 1864 eseguì le condanne a morte in tutto lo Stato Pontificio, il suo incarico lo definiva maestro di giustizia; nella sua lunga carriera eseguì ben 516 pene capitali con i metodi più diversi. Il suo nome era Giovanni Battista Bugatti nato a Senigallia nel 1779 ed aveva iniziato la sua attività molto presto, a soli diciassette anni nel 1796. Sicuramente era uomo che non si poneva problemi di ordine etico se si cosidera poi che in effetti era in effetti al servizio di Dio probabilmente si sentiva anche investito di una missione per la quale comunque il Papa gli riconosceva uno stipendio di 15 scudi al mese oltre l'alloggio ed un sussidio mensile di 5 scudi che a Natale, Pasqua e Ferragosto diventava di 20 scudi.
Ci fu un periodo in cui Mastro Titta lavorò molto se, nel suo soggiorno romano del 1829, Stendhal si lamentò dell'odore che giungeva agli avventori seduti al Caffè di Piazza in Lucina da Via del Corso dove passava la Compagnia della buona Morte con ben dodici cadaveri scoperti gettati sul cataletto. Succedeva spesso che le esecuzioni fossero multiple come il 18 maggio 1816 quando a Piazza del Popolo Mastro Titta giustiziò una banda di ladri, tali Vincenzo Bellini, Pietro Celestini, Domenico Pascucci, Francesco Formichetti e Michele Galletti rei di più grassazioni.
Oltre a Stendhal alle sue esecuzioni capitali assistettero tutti i viaggiatori del Grand Tour, dai meno noti ai più noti, da Alexander Dumas a George Byron a Charles Dickens.
Dickens raccontò di un'esecuzione a cui assistette nella Settimana Santa del 1845 che fu una decapitazione davanti a S. Giovanni Decollato (ironia della sorte!?) di cui lo colpì né l'atto, né la condotta del boia quanto il comportamento della gente che era andata ad assistere che non era turbata e nemmeno dispiaciuta ma vi aveva assistito come ad un fatto di quotidianità. [ 1]
Il boia viveva nei pressi del Vaticano a Borgo, in Vicolo del Campanile, in una sorta di domicilio forzato e qui quando non era impegnato come “mastro di giustizia”, il lavoro di Mastro Titta era quello di ombrellaio.
A Roma vi era anche un proverbio che diceva Boia nun passa ponte, a significare che ognuno deve rispettare il proprio posto perché la pena capitale non poteva essere eseguita a Borgo vicino alla sede papale, il boia doveva attraversare il Tevere per andare sulla sponda sinistra dove avvenivano le esecuzioni che potevano avvenire a Piazza del Popolo oppure a Campo de' Fiori o nella zona dell'odierna Via de' Cerchi si trovava la piazza dove, dopo l'occupazione francese, avvenivano le esecuzioni con la ghigliottina. Per questo motivo esisteva un altro modo di dire Mastro Titta passa ponte a significare che era stata decisa una esecuzione.
Mastro Titta esplicava la sua arte in tutto lo stato Pontificio e quindi era chiamato ad eseguire esecuzione anche fuori Roma e probabilmente con il passare degli anni la consuetudine gli aveva preso la mano e l'attenzione era venuta meno come starebbe a testimoniare la storia di un'esecuzione avvenuta a Corneto (oggi Tarquinia) nel luglio del 1860 che riportata scarnamente nel suo taccuino rimase nella tradizione orale della cittadina come un penoso errore del boia ... [ 2]


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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 24/11/2017)




Foto:

  • Vicolo del Campanile a Borgo: Foto fine Ottocento
    Vicolo del Campanile a Borgo: Foto fine Ottocento
    FOTO 1
  • Acquarello Roesler Franz, 1883 – Sulla destra la Chiesa di S. Maria in Traspontina e sul fondo il Passetto
    Acquarello Roesler Franz, 1883 – Sulla destra la Chiesa di S. Maria in Traspontina e sul fondo il Passetto
    FOTO 2
  • Mantello usato da Mastro Titta boia dei Papi – Museo Criminologico di Roma
    Mantello usato da Mastro Titta boia dei Papi – Museo Criminologico di Roma
    FOTO 3
  • Foto d'epoca: l'ultima esecuzione con la ghigliottina effettuata a Roma nel 1865
    Foto d'epoca: l'ultima esecuzione con la ghigliottina effettuata a Roma nel 1865
    FOTO 4