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Tempio di Honos e Virtus


Nel pantheon delle divinità romane un posto di rilievo fu da sempre riservato alla personificazione divina delle virtù che definivano il mos maiorum, i valori morali su cui i romani costruirono la loro civiltà. Fides, Honos, Virtus, Fortunae o Providentiae ebbero dei luoghi di culto a loro dedicati e per le virtù che appartenevano al “tempo della guerra” furono costruiti are e templi fuori del Pomerium come prescrivevano i riti di fondazione della città.
Le divinità associate alla guerra erano il Dio Honos e la dea Virtus, il primo è il dio della cavalleria, dell'onore, della giustizia militare, - ovvero l'attaccamento alla patria ed al compagno d'arme - mentre la seconda rappresenta lo spirito del coraggio e della forza militare. La sede più antica del culto fu probabilmente il tempio extra portam Collinam, ricordato da Cicerone ed esistente già dall'inizio del III secolo a.C., ma il più famoso fu quello costruito poco più tardi presso Porta Capena.
Era un tempio molto importante posto com'era appena fuori dal Pomerium sulla strada che percorrevano gli eserciti quando rientravano dalle campagne militari ed anche vicino al Tempio di Marte dove si riunivano gli eserciti prima di partire. In effetti fu dapprima eretto il Templum Honos da Quinto Fabio Massimo Rulliano nel 234 a.C. e poi restaurato dal console Marco Claudio Marcello per il voto che aveva fatto durante la sua campagna militare contro i Galli. Proprio con parte del bottino fu restaurato ed abbellito il tempio di Honos. In quella guerra del 222 a.C. ci fu la battaglia di Clastidium nel corso della quale il console Claudio Marcello ingaggiò il combattimento con Virdumaro il capo dei Galli, lo sconfisse ed uccise conquistando le spolia opima, un riconoscimento che solo tre condottieri meritarono in tutta la storia di Roma.
Il console Claudio Marcello quando ebbe il suo trionfo per la vittoria su Syracusa volle dedicare il tempio anche alla Virtù ma il Senato glielo impedì perché non si poteva consacrare una sola cella a due Dei ed allora Marcello fece subito costruire una seconda cella di modo che il tempio si presentava con due celle affiancate e cinte su tre lati da un porticato, mentre un muro chiudeva la parete posteriore.
Quando Caio Mario volle celebrare le sue vittorie sui Cimbri e Teutoni del 102-101 a.C., fece costruire un tempio nuovo ma anche restaurare questo più antico; la seconda ipotesi pare suggerita dallo stesso Vitruvio che ricorda anche un architetto romano di nome Cajo Mucio ( o Muzio) che seppe realizzare un'opera a suo parere talmente armoniosa da dover essere considerata tra ii monumenti più belli anche se non era stata realizzata in materiali pregiati.
I templi poi custodivano i tesori dell'arte greca che, bottino della conquista di Syracusa da parte di Marcello, erano stati trasferiti a Roma nel 212/211 a.C. Le fonti letterarie parlano di “primum initium mirandi Grecorum artium opera” ma non ci sono descrizioni né delle opere, ne degli autori ad eccezione di una “sfera celeste” di cui riferisce Cicerone come di un opera di Archimede oltre a due epigrafi, ritrovate in altri siti poco distanti, che testimoniano di due statue prese dal console Marcello in Sicilia ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 23/01/2017)




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