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Monastero delle Viperesche


In un immaginifico teatro settecentesco il monastero delle Viperesche era la quinta di sinistra rispetto al fondale con la chiesa di San Vito e l’Arco di Gallieno; nella pianta del Nolli viene indicata come chiesa della Concezione e Conservatorio delle Viperesche.
Il nome gli fu dato dal popolo perché l’istituzione era stata voluta da Livia Vipereschi, appartenente ad una famiglia nobile originaria di Corneto; questa donna, a cui una biografia settecentesca riconosce il titolo di “Vergine”, era molto conosciuta per la devozione e la pratica a quei tempi inusuale per una donna della meditazione e della ”orazione mentale”. La nobildonna si dedicò alla preghiera ed alla meditazione dopo che alla vigilia delle nozze il suo promesso Valerio de’principi Massimo morì improvvisamente; la nobile Livia decise di non sposarsi più e di dedicarsi alla preghiera ed alla opere di bene verso le donne più sfortunate.
La nobildonna aveva un gran seguito di dame dell’aristocrazia romana e quindi coinvolse anche la principessa Lucrezia Rospigliosi nella fondazione del “Conservatorio delle zitelle della concezzione della Beatissima Vergine presso l’Arco di San Vito” ed ottenne anche un contributo di 50 scudi da Maria Camilla Orsini Borghese con cui fu costruita l’adiacente Cappella della SS. Concezione; il Conservatorio iniziò ad operare nel settembre del 1668.

Nell’istituto venivano ospitate sia zitelle povere ed abbandonate, purchè belle e meritevoli, a cui si cercava di dare una dote perché potessero sposarsi, sia vedove rimaste senza mezzi di sostentamento.
Ma il Conservatorio era anche una sorta di Casa dove si assistevano le donne con problemi delle classi agiate di Roma, come la moglie dell’architetto Camillo Barberi che la fece ospitare lì nel 1787 perché, dopo che la donna aveva avuto nove figli in 12 anni, dava segni di squilibrio mentale ed era imbarazzante per il rampante architetto avere una moglie così scomoda in casa.
All’inizio l’istituto era tenuto da “maestre” ma poi con il tempo si unirono alla Oblate Carmelitane ed il conservatorio si trasformò in un monastero dove si seguiva una regola molto rigida e tutte le “zitelle” portavano un abito di lana nera.
Ma nel 1868, fra giugno e settembre, il conservatorio arrivò sulle pagine della Cronaca di Roma per uno scabroso affare di donne recluse pseudo-visionarie e delitti sessuali che coinvolsero anche il vice-gerente di Roma, Mons. Villanova Castellacci.
Nel 1869 le Oblate furono sostituite dalle Maestre Pie Venerine e quando Roma divenne capitale del Regno d’Italia, l’istituto fu trasformato nel Convitto della SS. Concezione e le ospiti pagavano anche una retta.

Livia Vipereschi morì il 6 dicembre 1673 lasciando eredi del suo patrimonio le fanciulle del Consevatorio, con un'entrata annua di trecento scudi - ovvero la rendita delle proprietà della famiglia Vipereschi che si estinse proprio con la nobildonna -, cosicché le alunne presero il nome di "Viperesche".
L’edificio non ha particolari caratteristiche architettoniche ed essendo solo un “conservatorio per zitelle” la nobile Livia non si rivolse ad un architetto; la costruzione ha comunque attraversato quattro secoli ed ancora, con i cambiamenti dettati dai nuovi costumi, assolve al compito per cui era stato costruito.
Il Conservatorio delle Viperesche oggi è un ente di assistenza e beneficenza affidato alla Pie discepole del Redentore, ed è un pensionato per studentesse universitarie.





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 15/02/2016)