Insula Volusiana
Durante lavori di sistemazione dell’area sacra di S. Omobono in Foro Boario venne rinvenuto un cippo contenente un’epigrafe che fornisce delle informazioni sulla costruzione dell’insula volusiana.
Imp(erator) [Caesardivi f(ilius)]
Aug(ustus) [co(n)]s(ul) VI[Ia]d[tribuit]
Ti(berius) Claud(ius) Caesar Au[g(ustus)]
Germ(anicus) pontif(ex)max(imus) trib(unicia)
po[t]est(ate) VIIIimp(erator) XV p(ater) p(atriae)
L(ucius)Vitellius censores
cognita causa ad/tribu-tionem divi
Aug(usti) pertinentem ad
insulam Volusianam
con[fi]rmaverunt
L’epigrafe consentì di conoscere il nome dell’insula che già era stata in parte scavata durante le sistemazioni del secolo scorso che avevano interessato tutta l’area del Foro Olitorio e del Foro Boario posti anticamente tra le pendici del Campidoglio e la riva del Tevere.
L’area individuata era proprietà pubblica perché posta in un punto nevralgico dove si incrociavano le strade della vita politica, religiosa e commerciale di Roma, di qui passavano i cortei dei Trionfi provenienti dal Campo Marzio, di qui passavano le processioni religiose e qui ogni giorno i mercatores facevano i loro affari. Le costruzioni che insistevano su questi terreni avvenivano solo in forza di una concessione che veniva fatta dal demanio ed a cui non riuscivano ad accedere tutti i cittadini di Roma, a meno che non avessero conoscenze in grado di favorirli.
Una delle attività più lucrose era costruire delle insulae, queste erano dei grandi fabbricati in cui alloggiavano più famiglie che ne avevano l’uso dietro il pagamento di un affitto; le insulae erano composte generalmente da un piano a livello della strada su cui si affacciavano le tabernae che venivano affittate ad artigiani o commercianti e queste avevano di solito una scala interna che collegava all’abitazione, poi esternamente vi erano delle scale che portavano ai piani superiori dove erano i cenacula, appartamenti il cui soffitto diveniva sempre più basso ad ogni piano. Affittare tabernae e ceanacula era un vero affare perché gli affitti a Roma era quattro volte più cari che in altre città; gli abitanti delle insulae erano commercianti, artigiani ed operai, comunque uomini liberi che potevano pagare un affitto; i proprietari erano per lo più appartenenti all’aristocrazia o comunque uomini molto ricchi.
Tra i grandi proprietari di insulae ci fu Marco Licinio Crasso ma anche uomini come Marco Tullio Cicerone che ottenevano le loro rendite dall’affitto di insulae.
L’insula Volusiana era un complesso tra i più ambiti e sicuramente fu abitata in prevalenza dai mercanti che avevano i loro affari proprio nel Foro Boario o nel Foro Olitorio perché si trovava al centro delle vie che dalle due importanti piazze di mercato portavano poi al Foro Romano, il cuore della vita pubblica di Roma. Da una parte si affacciava sul Vicus Iugarius, proprio alle spalle dei Templi di Cerere e Mater Matuta al Foro Boario (che oggi sono identificati come pertinenti all’area di S. Omobono per la chiesa eretta su parte delle loro fondamenta), e nel lato verso il Palatino fronteggiava la Via Triumphalis, il cui tracciato (secondo Filippo Coarelli) sarebbe oggi in parte occupato dall’edificio moderno ed in parte ricalcato da Via Bucimazza.
L’insula volusiana si trovava su una delle più importanti vie commerciali e le tabernae che vi si affacciavano erano occupate dai commercianti che vendevano al dettaglio e che si presume esponessero la merce all’interno della taberna, ma anche utilizzassero i portici, mentre i mezzanini erano usati come piccoli magazzini ...
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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 13/03/2016)
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