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Domus Carinae, la casa rostrata di Pompeo Magno


Sul declivio del Fagutale proprio di fronte alla collina della Velia, la gens Pompeia aveva costruito la sua domus e nell’atrio, vicino alle immagini degli antenati, Pompeo Magno vi aveva posto i rostra delle navi che aveva catturato quando aveva il comando dell’intera flotta romana sia nella campagna contro i pirati della Cilicia, che debellò in tre mesi, sia nella successiva guerra contro Mitridate VI re del Ponto. Per le vittorie riportate nelle sue campagne militari a Pompeo fu decretato il trionfo in quanto aveva assicurato a Roma l’imperium maris.

La casa era anche conosciuta come Domus Carinae (Casa delle chiglie) e da questa, probabilmente il nome si estese a tutta la zona circostante. La casa, come racconta Cicerone, che fu un luogotenente di Pompeo, non era particolarmente grande ne particolarmente lussuosa e Pompeo vi abitò finchè non fu costruita la nuova casa in Campo Marzio nei pressi del Teatro che aveva donato alla città di Roma, ma quei rostra alle pareti la rendevano simbolo della potenza di Roma e del grande valore dell’unico comandante romano che si conquistò l’appellativo di Magno; era la casa di un vero vir militares romano, senza magnificenza e lussi eppure ricca di quanto più prezioso esisteva secondo il mos maiorum.

Nella Domus Carinae si riuniva la fazione degli optimates quando iniziò lo scontro con Giulio Cesare, da qui partì Pompeo Magno che andò a radunare il suo esercito a Brindisi.
Dopo la sconfitta di Farsalo e la morte di Pompeo, tutti i suoi beni furono messi all’asta, nessuno degli optimates si fece avanti per acquistare le sue case, e tra i populares solo Marco Antonio fece la sua offerta ed acquisì tutte le proprietà che erano state di Pompeo Magno; l’asta fu probabilmente “pilotata” perché Sesto Pompeo, il figlio di Pompeo Magno, non potè fare la sua offerta per ricomprare la casa dei suoi Lares.
Nella casa alle Carinae sembra che Antonio non vi abbia mai abitato, preferendole invece la casa sul versante del Palatino prospiciente al Velabro vicino agli horrea agrippiana che gli consentiva di vivere vicino alla figlia Antonia che viveva con lui nella casa di Fulvia la sua nuova moglie; la casa rostrata probabilmente veniva usata per gli incontri diplomatici tant’è che vi avvenne il primo incontro tra Marco Antonio ed Ottaviano, quello in cui fu deciso il triumvirato.

Sul Fagutale, non distante dal Tempio dei Penati e dal Tempio della Tellus, la casa che era stata di Pompeo Magno era un simbolo della grandezza di Roma, capace di conferire al suo proprietario la legittimazione alla rivendicazione del comando quasi espressione di una superiore volontà divina. Alcuni studiosi sono del parere che Marco Antonio comprò la casa su indicazione di Giulio Cesare, il quale voleva evitare che la casa acquisisse quei valori simbolici che in qualche modo comunque ottenne.
La casa dopo la morte di Marco Antonio passò tra le proprietà demaniali; durante il regno di Augusto nessuno vi abitò se non Tiberio dopo il suo ritorno da Rodi; dopo non si hanno più notizie di altri ospiti.
Tiberio non si interessò alla casa né gli altri imperatori dopo di lui; per Caligola e Claudio quella casa non aveva un simbolismo utile alla loro propaganda politica, così come per Nerone.
La casa fu duramente colpita dall’incendio del 64 d.C.ma Nerone quando progettò la sua Domus Aurea non la inglobò, fermandosi agli Horti di Mecenate con cui confinava; la Domus Carinae era ancora un simbolo per la classe senatoriale di cui Pompeo era stato il campione e Nerone non voleva assolutamente creare tensioni.
Il valore simbolico e l’aeternitas degli oggetti che Pompeo aveva posto nell’atrio della domus erano ancora molto sentito perché come spiega Plinio

fuori ed intorno alle soglie c’erano altre immagini di grandi animi, con le spoglie tolte al nemico, che neanche al compratore era consentito staccare, cosicchè le case continuavano eternamente a trionfare anche mutando i padroni”;

probabilmente l’incendio del 64 aveva causato danni a parte di quanto testimoniava la grandezza di chi aveva abitato nella casa ma non ai rostri che erano di bronzo.
La casa rimase proprietà del demanio imperiale sino all’inizio del II sec. a.C. quando Traiano la vendette, insieme ad altre proprietà per finanziare le sue campagne di guerra; la casa fu acquistata da un senatore della familia dei Gordiani, probabilmente il padre dell’imperatore Gordiano I.
I Gordiani acquistarono la casa proprio per il valore simbolico che aveva e perché diventava quasi una conferma della loro dichiarata appartenenza alla gens Antonia; ma non si accontentarono di possedere la casa che era stata di Antonio, Gordiano III rese eclatante la somiglianza andando a vivere nella Domus Carinae che abbellì ed arricchì di altre decorazioni e trofei. Gordiano III era un imperatore che aveva bisogno di simboli e memorie che fossero capaci di assicurare la sua credibilità politica e sicuramente la casa di Pompeo Magno aveva questo valore semantico.
La Domus Carinae non esiste più e ad oggi non ci sono stati ritrovamenti che consentano di localizzzare la sua posizione precisa però, per ironia della sorte, nella Roma attuale ci sono due vie che hanno mantenuto lo stesso tracciato che avevano già nel I sec. a.C.: vicus ad Carinas che oggi si chiamaa Via delle Carine ed il vicus Sandalarius che oggi si chiama Via del Cardello; l’isolato compreso tra queste due strade corrisponde all’area in cui si trovava la Domus Carinae.





di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 01/09/2015)