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Caligola, da principe a Giove Laziale


La pazzia che secondo molti storici dei secoli passati ha caratterizzato la vita e le scelte di governo del terzo princeps dei romani, secondo quanto riteneva lo storico Momigliano è una semplificazione, pure abbastanza stupida (nda), delle ragioni che determinarono i comportamenti di quell’imperatore.
Per comprendere i comportamenti di Caligola e la sua gestione del potere si deve necessariamente considerare la sua storia familiare e personale. Era il terzo figlio di Germanico ed Agrippina, da subito invischiato nei giochi di potere tra le donne della gens Julia e Livia, la moglie di Augusto che, pur essendo sua bisnonna, per oltre un ventennio manovrò per favorire la successione del suo primogenito Tiberio.
Quando Gaio nacque nel 12 d.C. suo padre era nel cuore di Augusto l’erede designato ma la morte del primo imperatore di Roma determinò un vero terremoto; il comando doveva passare a Tiberio che già aveva 55 anni in quanto così aveva disposto Augusto che aveva anche voluto che adottasse Germanico che quindi era un “Cesare”. Tiberio, che sapeva di non essere amato dal popolo e dall’esercito di Roma, attese che Germanico dalla Germania manifestasse le sue intenzioni. I soldati ed il popolo volevano Germanico come imperatore, una fazione senatoriale appoggiava la factio Julia di cui era in quel momento elemento catalizzatore Agrippina moglie di Germanico e sarebbe bastato che Germanico lo avesse voluto e sarebbe divenuto imperatore. In quella fluida situazione politica, Germanico era impegnato a domare un’insurrezione delle legioni e nel campo di acquartieramento di Ara Ubiorum c’era anche Gaio di appena due anni che i soldati amavano per gli atteggiamenti emulativi che aveva nei loro confronti. Da questa vicinanza e dal capriccio di bambino che voleva portare le stesse calzature dei soldati, nacque anche il suo vezzeggiativo “Caligola”.
Alcuni storici sono del parere che questo capriccio fosse stato suggerito al bambino dalla madre Agrippina che potrebbe averlo usato come elemento catalizzatore della campagna di propaganda politica per favorire l’ascesa di Germanico; tuttavia l’idea di Agrippina e Gaio Cesare in Germania era stata di Augusto che aveva organizzato il viaggio della nipote e del bambino, che aveva poco più di due anni, per farli ricongiungere con il padre. In effetti la presenza di Gaio in Germania si dimostrò utile perché la fedeltà alla gens Julia fu uno dei motivi che fece recedere i soldati dal tentativo di ribellione.
Probabilmente questo evento in cui il piccolo Gaio sentì i sentimenti di rispetto ed amore dei legionari verso la propria persona assunse una valenza particolare, oltre il soprannome, nella vita di Gaio Cesare che i genitori continuarono a portare con loro nei viaggi che Germanico doveva fare per i suoi incarichi di legato imperiale di Tiberio. Nel 18 li seguì in Asia dove, bambino di ormai 6 anni, fu oggetto della venerazione che in quelle provincie era riservata ai regnanti e poi lui era un pronipote non solo di Cesare, ma anche di Marco Antonio che soprattutto in Egitto era assimilato ad un Dio.
La morte del padre proprio li in Oriente e i sentimenti di venerazione che mostrarono i popoli orientali dovette contribuire al formarsi nella sua mente della convinzione dell'ascendenza divina e forse il convincimento di un destino superiore che lo aiutava a superare le amarezze ed i dolori della sua vita quotidiana a Roma dove vide uno dopo l'altro relegati, offesi ed uccisi i fratelli e la madre mentre lui passava dalle cure della bisnonna Livia e quelle delle nonna Antonia fino a che lo volle presso di sè lo stesso Tiberio ...



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di M.L. ©RIPRODUZIONE RISERVATA (Ed 1.0 - 15/10/2016)




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